Cosa rappresenta Agile per il mondo HR?
Intervista con Marco
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Quando pensiamo alla parola “semplificare” nella nostra testa di designer non è difficile che risuonino concetti ormai di dominio comune come il less is more di Mies van der Rohe o il less, but better di Dieter Rams.
Il concetto di semplificazione nasce da un principio all’apparenza banale: il mondo è un sistema complesso. E i processi di semplificazione, proprio per questa complessità, sono vari e molto diversi tra loro.
Uno dei concetti più comuni nell’ambito del design e della programmazione è quello di Agile, che vede la sua nascita nel “Manifesto per lo sviluppo agile del software”, redatto e pubblicato nel 2001 da alcuni informatici tra cui Martin Fowler, Robert C.”Uncle Bob” Martin e molti altri.
Tra chi la definisce filosofia, a chi mindset, Agile nel concreto rappresenta un modo di portare semplificazione a partire da un approccio alla complessità che vede una forte centralità delle persone e l’abilitazione della collaborazione tra individui. Inoltre vede nella flessibilità, nella sperimentazione, nell’accettazione del fallimento e nella risoluzione costruttiva degli errori la propria forza per poter abitare e prosperare nella complessità.
Da qui, i valori e le metodologie del manifesto sono state riprese e declinate per semplificare diversi processi complessi: dal design di prodotti e servizi digitali alle catene di produzione manifatturiera o automotive.
Cosa rappresenta Agile per il mondo HR?
Agile dal mondo dello sviluppo si sta diffondendo anche nell’applicazione dei processi e delle funzioni HR e sta rappresentando un’enorme possibilità per le aziende che hanno necessità di ripensare sia il modo in cui sono organizzate e sia quello con cui abilitano la collaborazione tra individui. Vediamo in quale maniera è possibile abilitare questo approccio.
Attivare il cambiamento e renderlo comprensibile
Innanzitutto occorre partire da un assunto molto semplice quanto fondamentale: per poter implementare un approccio agile HR all’interno della propria organizzazione bisogna accettare il cambiamento, prendendo consapevolezza che questo, in qualche modo, andrà a portare cambiamenti non solo nel modo in cui è organizzato il sistema, ma anche negli individui.
Occorre far sì che il cambiamento rappresenti un processo di intelligenza collettiva, in cui il senso venga percepito al centro degli scopi dell’azienda, dei gruppi che la compongono e dei suoi individui.
Questo aspetto è cruciale, altrimenti ci si troverà davanti a delle resistenze che verranno proprio dall’interno; resistenze che si attivano quando le persone non capiscono il perché del cambiamento in atto.
Gli OKR per rendere riconoscibili gli obiettivi e i risultati
In questo senso un ruolo fondamentale lo giocano gli OKR, acronimo di Objectives and Key Results.
Gli OKR rappresentano un modo per rendere riconoscibili a tutte le persone coinvolte gli obiettivi e i risultati attesi dal processo di cambiamento, affinché tutti ne risultino partecipi e impegnati. Essi rispondono a due domande:
- Objectives: quali sono i cambiamenti e gli impatti portati dalle nostre attività?
- Key results: quali sono i risultati specifici e misurabili che ci prefiggiamo per raggiungere il nostro obiettivo?
Nel libro New Developments in Goal Setting and Task Performance, Edwin A. Locke e Gary P. Latham affermano che gli obiettivi generano motivazione solo quando ci sono approvazione e impegno da parte del gruppo. Rendere partecipativo il processo di definizione degli obiettivi può favorire l’approvazione ma non garantisce l’impegno. L’approvazione degli obiettivi non va invece forzata ma deve essere un processo di scelta volontaria.
Ridefinire le direzioni dei percorsi di carriera
Un altro aspetto rilevante che riguarda il modo in cui Agile può creare valore nei processi organizzativi riguarda il ripensamento delle direttrici sulle quali strutturare i percorsi di carriera. Il modello prevalente fino ad oggi, specie nelle grandi organizzazioni, si è basato sulla metafora della scala (Career ladder o Promotion-based career pathing), in cui le persone compiono un percorso verso l’alto delle organizzazioni, attraverso passaggi di livello favoriti o da promozioni o da posti vacanti all’interno dell’azienda. Questo modello però presenta alcuni limiti intrinseci; innanzitutto parte dall’assunto che ciascuna persona nel proprio ruolo sia intercambiabile (abbiamo visto con Flavio Fabiani e Alessandro Raguseo quanto questo concetto non sia vero). Inoltre non tiene conto della carriera come percorso evolutivo; percorso che consta di diversi aspetti come i talenti, le attitudini, le aspirazioni ma soprattutto le esperienze individuali.
Ed è proprio su queste ultime che si possono creare nuovi modelli di mobilità e ricompensa all’interno delle aziende: modelli basati sull’ integrazione e non sulla sostituzione, in cui, obiettivi condivisi di business, attenzione alle aspirazioni personali e organizzazione in gruppi cross-disciplinari ne favoriscono scalabilità e crescita.
Su questo e molto altro abbiamo fatto qualche domanda a Marco Calzolari per capire meglio il concetto di Agile HR ed esplorare assieme quali sono le opportunità che esso rappresenta in termini di trasformazione organizzativa, definizione dei percorsi di carriera e innesco di processi virtuosi di mutualismo, in cui il gruppo agisce da propulsore e attore protagonista del cambiamento.